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La dichiarazione del Bab

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È sotto gli occhi di tutti lo sviluppo che, nell’ultimo secolo e mezzo, ha avuto, a livello planetario, la scienza, la storia, l’arte, la cultura, l’economia e la società. La scienza ha scoperto le particelle subatomiche e le cariche elettriche. La storia ha subito processi sorprendenti d’integrazione tra regioni e culture diverse. C’è stato un intensificarsi degli scambi comunicativi.

Nel frattempo, l’arte si è appropriata, più propriamente, della sua dimensione espressiva, nelle diverse declinazioni offerte dallo sviluppo tecnologico e dalla migliore conoscenza della psiche umana. La cultura ha risentito dell’aumento dell'offerta comunicativa. E l’economia ha finito con il distribuire il profitto alle masse, pur conservando le enormi contraddizioni che esistono tra quanti possiedono molto e quanti possono contare su poco. La società ha allargato la rete dell’informazione, della notizia, a dispetto della qualità della comunicazione. Tutto questo è quello che accaduto nell’ultimo secolo e mezzo. E che non si è fermato ancora: procedendo a una velocità di rinnovamento, che non si è mai vista prima nella storia e che dal punto di vista dell'evoluzione, cui ci ha abituati da sempre il passato, produrrà una sempre migliore armonizzazione dei sistemi che governano la collettività. Tutto questo a dispetto delle emergenze che attanagliano la società oggi e che hanno prodotto una cesura profonda tra nord e sud del mondo, e nei diversi strati sociali che muovono le dinamiche del lavoro e dell’economia. La visione Bahá’í della storia, iniziata centosettant’anni fa, con la Proclamazione del Báb a Manifestazione di Dio, si pone sull’onda di una concezione armonica del mondo. Il 23 maggio del 1844, a Shiraz, Siyyid `Alí Muḥammad sostenne che «Dio Glorioso mi ha eletto allo stato di Báb». Termine questo, il Báb, che sta a indicare la porta di una Rivelazione profetica che si sarebbe adempiuta, da lì a qualche anno dopo, con la venuta di un altro Messaggero divino, che lo scrittore russo Leone Tolstoj esaltò con splendide parole, dicendo: «Noi trascorriamo le nostre esistenze cercando di disserrare la porta che chiude i misteri dell'universo, ma v'è un prigioniero turco in Akka, di nome Bahá’u’lláh, che ne ha la chiave!». Per i Bahá’í il motore di tutti i cambiamenti, che sono avvenuti e che continuano ad avvenire nel mondo, è Dio stesso e tutto deve essere ricondotto a quegli incipit che di Era in Era si verificano nel pianeta, per effetto della Sua volontà che si manifesta con gli insegnamenti del Suo stesso Verbo, che di volta in volta assume sembianze umane. È questo il caso di tutte le manifestazioni di Dio del passato: con Mosè che introdusse, nella storia, il concetto della Legge divina; con Gesù che allargò ai pagani la dimensione del Dio unico; con Mohammad che diede un primo, importante, impulso allo sviluppo delle scienze e pose la “pietra miliare” all’idea di nazione e con Buddha e con Krishna che, dall’oriente, spinsero l’individuo a trovare, in se stessi, la gioia del proprio “intimo se”. Al Báb e a Bahá’u’lláh, manifestazioni gemelle di una stessa volontà divina manifestatasi nell’Ottocento, è spettato, invece, il compito di allargare la visione di Fede dell’individuo contemporaneo. Come dimostra una dichiarazione di Martin Luther King, quella in cui – da pastore battista - gli affermò, guardando un mondo che sentiva in grado di potersi rinnovare: «Con questa fede potremo tagliare una pietra di speranza, dalla montagna della disperazione. Con questa fede potremo trasformare il suono dissonante della nostra nazione in un’armoniosa sinfonia di fraternità. Con questa fede potremo lavorare insieme, pregare insieme, lottare insieme(…) questo è il giorno. Questo sarà il giorno in cui tutti i figli di Dio potranno cantare con nuovo significato: “Il mio paese è tuo, dolce terra di libertà, di te io canto”». Una frase questa che richiama il primo impulso alla globalizzazione lanciato da Bahá’u’lláh con la frase: «La terra è un solo paese e l'umanità, i suoi cittadini».

 


Rino Cardone